
Calice
Slesia, secondo quarto del XVIII sec.
vetro incolore
alt. 14,5 cm
Vitromusée Romont, VMR VO 424
Fin dall’antichità, il vetro viene occasionalmente dotato di un decoro molato e inciso. Dal Seicento in poi, vengono realizzate opere che superano di gran lunga la qualità esecutiva ottenuta fino a quel momento. Questa evoluzione è dovuta all’applicazione delle esperienze raccolte nel Cinquecento nella molatura e nell’incisione di recipienti in pietre preziose, ad esempio in cristallo di rocca, alla lavorazione dei recipienti in vetro. Questo riguarda in particolare la possibilità di dotare di fini motivi le superfici incidendo in profondità (incisione a rotina). Gli incisori di vetro di maggior spicco del Seicento sono attivi a Norimberga, mentre attorno al 1700 il primato passa prima alla Boemia e successivamente alla Slesia. Tra il 1725 e il 1750 la Slesia detiene la posizione preminente nell’incisione artistica del vetro.
Tra le principali tipologie del repertorio classico dei bicchieri molati e incisi del secondo quarto del Settecento rientrano i calici a coppa, le confettiere e i calici su piede. Grazie a circostanze felici, il Vitromusée è riuscito tra il 2019 e il 2022 ad acquistare tre pezzi dell’epoca che vengono ora esposti come piccolo nucleo. Essi formano un insieme armonico, essendo tutti e tre realizzati nella medesima eccellente qualità artigianale ed eccezionalmente dotati di un decoro al contempo inciso in rilievo e in profondità. I calici slesiani risalenti al secondo quarto del Settecento con decorazioni di qualità paragonabile tramandati ai giorni nostri sono numerosi. Di conseguenza, nella letteratura specializzata i calici molati e incisi di quel periodo e di quella regione vengono considerati i migliori del loro genere.
Su uno dei lati visibili del calice è raffigurato un vascello in una baia, sull’altro è riportato un aforisma, come è frequente riscontrare sui calici incisi barocchi:
«ver traue dich der see.
dem frauen zim ̅er nicht
so leicht als wie ein glas
auch ihre gunst zer bricht.»
(trad. «fidati del mare / ma non della donnetta / come un calice di vetro / anche la sua benevolenza s’infrange.»)
Questo testo, probabilmente una citazione, figura in una versione quasi identica in un’opera del poeta barocco slesiano Martin Opitz (1597–1639) pubblicata nel 1630 («Schäfferey von der Nimfen Hercinie»). Evidentemente il proverbio era diventato così popolare che lo si ritrova anche sul nostro calice realizzato un secolo dopo.